Fulvio Ferrario
Non ci conoscevamo bene. Ma ne ho un ricordo nitidissimo, vivo, per la mitezza e la bontà; perché nella chiesa valdese di Milano era molto amato (ovviamente da chi lo conosceva); e perché essere parte della sgangherata band di Ernesto creava (è buffo, ma vi garantisco che è vero) una singolare solidarietà.
Una volta ho anche “suonato” (parola grossa, in verità) il suo flicorno in si bemolle, o bombardino, approfittando del fatto che ha la stessa digitazione e lo stesso bocchino del trombone. Non suono più: ma mi ricordo di quella condivisione. Era fede, e gioco, di uomini adulti, musicalmente smandrappati, uniti dalla passione e dall’amore (come altrimenti chiamarlo?) di quel tipo incredibile che era Ernesto.